Villa Caccia

Da quel poggio, col grandioso loggiato a due piani e il piramideggiare delle sue masse, coronata da una folta vegetazione arborea che l’apparta come in un’isola felice, la villa domina senza contrasto su Romagnano e la campagna circostante. La si raggiunge attraverso una strada tortuosa, cogliendone l’inaspettato rovescio: un cortile serrato fra le ali e le dipendenze che le prolungano, sbarrato da una quinta altissima e incombente, un grand’argine di quattro piani (i due ultimi corrispondenti ad una sottilissima manica semplice) concluso da un largo frontone e da un belvedere ottagonale. Ma appena se ne varca l’ingresso, attraverso portici, loggiati, finestre, è il paesaggio che trionfa a perdita d’occhio. La villa vive nel paesaggio e del paesaggio; ne fa la sua ragion d’essere. “

Franco Rosso, Antonelli architetto civile, in “Alessandro Antonelli 1798-1888”, Electa, Milano, 1989, p. 51

Dal poggio Monte Cucco Villa Caccia emerge, maestosa, attraverso la vegetazione del suo parco, quasi una guardiana alle porte della Valsesia. Sulle preesistenze di un convento cappuccino, Alessandro Antonelli è l’artefice, negli anni Quaranta dell’Ottocento, di questa grandiosa architettura neoclassica, residenza di campagna dei Conti Caccia di Romentino, tra le più cospicue famiglie della nobiltà novarese. Luogo di villeggiatura e di piacere, ma anche di lavoro: la villa è infatti sede di produzione vinicola. 

La famiglia Caccia si estingue nel 1940, con la morte, di Marco Antonio. La Villa passa quindi nelle mani della cugina Camilla Paulucci di Calboli e, per alcuni anni, diviene  sede di scuole. Nel 1962 Villa Caccia passa in proprietà di Leone Mira d’Ercole, il quale, dopo aver alienato i terreni agricoli, cederà al Comune nel 1983 la villa, ormai abbandonata e cadente, e il parco di 23.000 metri quadri.

Il Comune interviene a più riprese sulla struttura con interventi conservativi e, dal 2006, l’ala est è destinata a sede del Museo Storico Etnografico.